Ripartire,ricostruire, rinascere
Ripartire, ricostruire, rinascere. Ce n’è un gran bisogno.
La buona notizia è questa: siamo capaci di farlo. È una delle cose che ci riescono sempre.
Quante città abbiamo rifatto da zero, dopo che un terremoto le aveva distrutte. Civiltà intere sono sopravvissute a eventi terribili. Dopo ogni guerra c’è stata una ricostruzione. Dopo ogni depressione arriva un’età dell’ottimismo e del progresso. Perfino Hiroshima, colpita dalla prima bom-
ba atomica, oggi è una città molto gradevole, dove vivono
bene 1,2 milioni di persone.
Queste storie, nel passato. Tragedie collettive, sconfitte, decadenze, seguite da quelli che spesso furono chiamati «miracoli». Successi costruiti partendo dalle macerie, quando tutto sembrava perduto e invece stava per sorgere una nuova luce all’orizzonte. I cantieri dove si sono raccolte le energie, le idee, le forze umane per costruire un futuro migliore.
Il crollo dell’Impero romano è l’archeo di ogni decadenza: ebbe subito un impatto enorme sui contemporanei, che ne vissero tutte le conseguenze
disastrose; con il passare dei secoli ha acquistato la forza di un mito. Ogni altro impero — oggi diciamo «superpotenza» prima o poi ha paura di fare quella fine, cerca di capire come accadde, tenta di evitare quel destino.
Con un salto di molti secoli, a metà dell’Ottocento vado nell’America dello schiavismo, della guerra civile, periodo tragico in cui un popolo si è diviso a morte. È interessante per le tracce profonde che rimangono nell’America
di oggi, segnata dalla questione razziale. E istruttivo anche perché alla guerra di Secessione segue una Ricostruzione, così chiamata letteralmente: ambiguo episodio, poco noto fuori dagli Stati Uniti, incompreso o censurato dagli stessi americani di oggi. Anche nei suoi fallimenti, quel periodo
ha molto da insegnarci.
La Grande Depressione degli anni Trenta è, dal punto divista economico e sociale, la madre di tutte le crisi nell’era contemporanea. In mezzo a tante sofferenze provocate dall’impoverimento di massa, genera uno degli esperimenti più audaci di innovazione politica al servizio dei cittadini,
il New Deal di Franklin Delano Roosevelt. E un precedente cosìpotente che oggi il termine New Deal viene riproposto di continuo da chi vuole lanciare riforme progressiste (vedi: Green New Deal). È una storia piena di sorprese,
qualche delusione, molti miti da sfatare.
Il Piano Marshall varato nel 19485-un altro dei cantieri che affascinano, e sul quale non si legge mai abbastanza. Con quegli aiuti l’Europa cominciò a finanziare la sua ripresa dopo il più distruttivo dei conflitti. Ma chi ricorda oggi come funzionò esattamente, a quali condizioni, con quali effetti concreti? A distanza di tre quarti di secolo è diventato un termine generico. Esplorarne la storia reale illumina di iirinrice nuova il dibattito
attuale sul Recovery Fund nell’Unione europea postpandemia. Il Piano Marshall originario ebbe anche un ruolo decisivo nel favorire la grande novità dell’Europa postbellicache ci accompagna tuttora: la nascita di una Germania democratica, civile, pacifista.
Il primo dei cantieri asiatici che preparano la nuova centralità dell’Oriente è in Giappone. E un caso, unico nella storia, di nation-building riuscito grazie a una dura occupazione militare. Dopo la terribile sconfitta bellica, i giapponesi mostrano una sconcertante disponibilità a subire i
diktat americani, importano la liberaldemocrazia come la
prescrive l’invasore. Le rinascite del Sol Levante hanno continuato a
susseguirsi: dall’incidente nucleare cli.Fukushima alla gestione della pandemia.
Della Cina racconto il riscatto dopo i due abissi di sofferenza nella sua storia recente: la Rivoluzione culturale nella seconda metà degli anni Sessanta (di fatto una guerra civile) e il massacro di piazza Tienanmen nel 1989 (un colpo di Stato militare contro una parte di popolazione inerme). La nazione più grande del mondo si avvita in una decadenza e si condanna all’isolamento internazionale.
Pochi scommettevano sulla sua ripresa nel 1989. È andata ben oltre le aspettative, fino ad avverare in buona parte le previsioni di un <secolo cinese». Dall’essere una nazione paria, ai margini della comunità internazionale, è arrivata a occupare il centro della scena.
Marshall, De Gaulle, Deng Xiaoping sono fra gli altri personaggi che affollano la mia galleria di ritratti. Cerco di non concentrarmi sui leader, però, perché i cantieri della storia sono sempre stati dei progetti condivisi, umile lavoro di tanti esseri dimenticati. Come i monaci del primo
Medioevo, impegnati a custodire per noi i tesori più preziosi della cultura greca e latina.
Il terribile 2020 ha aggiunto un’urgenza particolare. I cantieri della storia ci siano d’ispirazione.