L’abito fa il prete?
In questo episodio parlerò: Del mio vestire da prete!
Oddio questo non è un discorso di moda, ma un altro tassello per conoscermi chi sono, ma anche quale idea di prete e di chiesa mi piace esprimere con il mio vestire.
Come mi vesto ordinariamente molte di voi lo sanno, visto che raramente mi avete visto vestito da prete!
Per chi non mi conosce chiarisco subito che il mio vestire è molto semplice e ordinario, comune a tanti adulti cinquantenni… jeans, camicia e maglione e mi piace nei giorni festivi essere un po’ più curato con quindi pantaloni scuri camicia e giacca o giubbotto, ma raramente uso scarpe da ginnastica perché ho bisogno che i piedi respirino…
Così al mattino dopo la sveglia quando è il momento di vestirmi la mia preoccupazione è di star bene con quello che indosso, essere in sintonia col tempo che fa fuori per non soffrire il caldo o il freddo, ma anche con le persone che incontrerò i giovani che vedrò, così il vestirmi bene e il sentirmi a posto mi permette anche di accogliere l’altro e farlo sentire a proprio agio.
Non ho a disposizione nel mio armadio il vecchio e classico abito lungo nero da prete, detto talare… alla don Camillo o recentemente don Matteo..
Veramente uno lo avrei, ma dovrei cercare dove è finito, abito che un parroco lungimirante mi ha dato riciclandolo perché ha esplicitamente dichiarato che per quello che l’avrei usato mi bastava, e avanzava ed è stato così.
Certo in alcune occasioni ufficiali mi vesto da prete come è richiesto oggi: cioè con il clergyman che è : l’abito scuro e la camicia con il colletto romano bianco. Ma sono rare… se vi capita di vedermi così memorizzatelo …
Mi piace essere prete nel quotidiano della vita delle persone della mia comunità, loro mi riconoscono come presbitero, anche se non indosso l’abito, per la parola che posso portare, le relazioni che stabilisco e il servizio che faccio.
Quindi ho di fatto scelto di non vestirmi da prete quindi per potermi immergere meglio in mezzo alla mia gente, per non far valere privilegi, per stare con loro in serenità e anche poter osservare e cogliere come le persone esattamente sono e si comportano. I tanti gesti di attenzione che fanno al supermercato o lungo la strada o al parco, non perché c’è qualcuno di importante che li guarda ma perché credono in quello che fanno.
Io penso che a volte l’abito da prete possa diventare una imposizione sull’altro, un sbatterei in faccia chi sono e obbligarlo a comportarsi in un determinato modo… ahimè a volte generato modi di fare compiacenti, così preferisco passare inosservato, pur credendo molto nel mio servizio che non credo si espliciti solo attraverso un vestito da prete magari impeccabile
Ci sono preti e religiosi che lo portano per ribadire la millenaria presenza della chiesa nella società, ma non io. Ma non penso di essere meno prete per questo.
Il mio essere prete non dipende dall’abito o dal vestito che indosso.
Ho sempre resistito alla tentazione, al rischio, di usare per me il ruolo che il vestito mi consentirebbe giustamente di avere
perché può diventare un comodo lasciapassare ( la tentazione per me credetemi è forte, se non sto attento)… o anche una scorciatoia e un facile modo per saltare la fila dove e quando non serve, ( infischiandone magari dei comprensibili reclami di chi è in attesa) .
Solo un paio di volte ho deciso di far valere il mio ruolo di fronte a palesi soprusi da parte di qualche addetto di un ufficio… obbligandolo a prestare ascolto all’anziana che ignorava, e a dare attenzione al povero che aveva messo da parte.
Per questa scelta sono stato anche ripreso da qualche devoto osservate perché non si vedeva che ero prete. Il motivo dichiarato era chiaro: “ se lo sapevo non avrei parlato così…, oppure davanti a un prete non mi sarei comportato in questa maniera… (male).
Un sorriso ironico in questi casi appare sul mio volto, perchè tradiscono la loro ipocrisia nel momento stesso che motivano la loro critica.
Molti colleghi amici e religiosi portano il clergyman con dignità e impegno, per testimoniare con la propria scelta la presenza di Dio in mezzo al suo popolo, e oltre a essere bravi fanno anche grandi cose ! essi hanno tutto il mio rispetto.
Ma questo, stranamente, è in sintonia con il mio pensiero…
Quando dico che non è l’abito che fa il monaco… citando il vecchio proverbio che oramai è niente più che un luogo comune..
Umberto eco lo ha rivisto ribadendo che però l’abito dice il monaco, anche oggi esso continua a dire chi siamo, come mi vesto dice chi sono e chi voglio essere!
Ebbene si… Con il mio vestire semplice e ordinario rivendico la mia partecipazione alla vita degli uomini in quell’ospedale da campo della nostra umanità:
A me piace essere cristiano con i cristiani, e prete a servizio nella comunità.
Consapevole che il mio ruolo non deve mai essere un insieme di privilegi ma un impegno a servire…
Un discorso a parte è il vestire durante le celebrazioni, probabilmente in un futuro episodio magari che riguarda la Messa con annessi e connessi lo farò…. Perché nel rito l’ habitus ( inteso come vestito e ritualità) ha una funzione importante.
Grazie a Dio, nella mia vita cerco di NON fare cose CONTRO, ma per un buon motivo, così lo è anche nel mio vestire, spero abbia colto…e sia riuscito a dirtelo che a me interessa star bene vicino alle persone, in comunione con loro.
Ho terminato questo episodio, la mia speranza è che questo tassello sia servito a te per conoscermi, abbia intuito un po’ di più chi sono e capito quanto essere un buon prete non sia una questione di abito, se voglio e vogliamo una chiesa in mezzo e dalla parte della gente, come Gesù e gli apostoli l’hanno pensata.